lunedì 13 novembre 2017

A TU PER TU CON ENRIE SCIELZO

http://www.coolcuore.it/il_salotto_di_coolcuore_intervista_enrie_scielzo/

Ho conosciuto Enrie tramite amicizie in comune quando ancora si chiamava Enrico. Eravamo ragazzini giovanissimi e l’unico nostro pensiero, a parte studiare, era quello di far festa. Dopo poco più di dieci anni me la ritrovo blogger e anche super figa, non potevo quindi esimermi dall’intervistarla nel mio salotto delle chiacchiere libere.


Benvenuta Enrie, partiamo subito con la prima domanda: come è nato il tuo blog “The Lady Boy”?
Come tutte le cose migliori, come gli amori che non finiscono mai, o le buone idee, è nato per caso.
A quei tempi ero al culmine della mia carriera di modello, avevo delle proposte e dei contratti molto importanti, e poi il caso ha voluto che mi investisse una macchina e mi rompessi una gamba.
Sono stata sei mesi con il gesso, ho dovuto subire un’operazione a malleolo e tibia e non potevo fare più nulla. Il pc era la mia unica fonte di distrazione, e così decisi di cercare di rendere quel tempo passato al computer utile ed aprire un mio blog.
Venivo dal mondo del giornalismo di moda e avevo subito forti delusioni dall’editoria italiana (paghe da schifo, gente pessima, insomma, non un bell’ambiente a mio avviso) e così ho pensato di aprirmi una piattaforma mia, per poter scrivere quello che volevo, quando volevo.
Ricevevo ogni giorno un sacco di email di ragazzi che vedevano i miei scatti androgini o en femme e mi dicevano “Sai, anch’io vorrei vestirmi da femmina ma non ho il coraggio…”, oppure chiedendomi consigli, cercando un confronto (e in moltissimi lo fanno ancora oggi), e così ho preso coraggio e ho cercato di raccontare la mia storia, i miei look, le mie passioni, il mio percorso su The Ladyboy.
Di blog di moda ce n’erano tanti, ma nessuno che si affacciasse sul mondo androgino o trans: diciamo che sono l’anello mancante tra Chiara Ferragni e Mariano di Vaio (scherzo ovviamente! )
Una domanda che può apparire banale ma in realtà non lo è perché ognuno raggiunge la consapevolezza di sé stesso in età diverse: a quanti anni hai preso coscienza di essere nata in corpo che non sentivi tuo?
Credo di averlo sempre saputo. Quando ero piccola giocavo con le Barbie, ascoltavo le Spice Girls e volevo essere Sailor Venus. Ovviamente a quei tempi non hai una percezione del tuo corpo, della tua psiche, di cosa sei o cosa vuoi essere. Non sai nemmeno cosa sia una trans, figuriamoci se sai di esserlo!
A 13 anni già sapevo che mi piacevano gli uomini e mi dichiarai gay con la mia compagna di banco, ma in realtà dentro mi sono sempre sentita donna, è che non sapevo dare un nome a ciò che ero. In italia di trans si è iniziato a parlare negli ultimi anni grazie a modelle come Andreja Pejic o Lea T., ma prima non si sapeva nemmeno bene cos’era una trans, e comunque era sempre associata all’idea di volgarità, esibizionismo, perversione, marciapiede. Un’idea che volevi solamente allontanare da te. Oggi in parte è ancora un po’ così, appena dici trans tutti pensano “escort”, ma in realtà c’è molto altro ed è quello che cerco di raccontare con il mio blog.

Nel tuo blog hai scritto “la verità è che tutti vanno a trans ma nessuno lo dice”. Ci confermi dunque quanto si dice in giro da sempre?
Assolutamente sì. Sono stata con gli “etero” più incalliti, vengo contattata ogni giorno da ragazzi di tutte le età ed estrazioni sociali, sposati, fidanzati, single… non voglio suonare presuntuosa ma è difficile che un uomo non tenti un approccio o si giri a guardarmi per strada, sarà che sono anche alta 1.80 e non passo inosservata, ma lo capisci facilmente quando il pensiero ce lo stanno facendo, e il pensierino ce lo fanno in tanti, e spesso. La verità è che la trans intriga, anche perché si dice che siamo molto più brave delle donne in molte cose e forse questo è dovuto al fatto che la trans ha il privilegio di attingere da due mondi, due sessi, due menti, due anime… la trans è stata uomo in passato, quindi quale donna meglio di lei può conoscere la psiche o il corpo di un uomo?
Purtroppo, però, l’Italia è piena di contraddizioni: non è che le trans non siano ben accettate o ben volute, anzi, sono molto amate dagli uomini, ma nessuno lo ammette, non ne hanno il coraggio, si fa “zitt zitt nel mercato” come si dice dalle mie parti. Siamo segreti da mantenere. Ecco, la contraddizione è questa in Italia: che tutti fanno qualcosa che gli piace ma si vergognano a dirlo, quando se lo facessero non ci sarebbe più niente di così strano o scabroso. Alcuni ci vedono come esseri mitologici ninfomani e goderecci, quando in realtà siamo solo ragazze che non hanno avuto una vita facile e vogliono essere amate come le altre.
Al di là del pallino della trasgressione, della “cosa diversa”, dell’intrigo, sono felice perché gli uomini con cui sono stata mi hanno detto poi di essersi innamorati di me, della mia femminilità, della mia testa oltre che del mio corpo, della mia dolcezza. Odio quando mi dicono “A me piacciono le trans”, io voglio piacere perché sono io, Enrica, non perché sono una trans. Sono molto di più di quello.
Quale è il tuo rapporto con la paura?
Il mio motto nella vita è una frase di Eleanor Roosvelt che recita: “Fa’ ogni giorno qualcosa che ti spaventa”. Perché se ti fai fregare dalla paura, non farai mai niente nella vita.
E quello con l’amore?
Sono un caso disperato! Ahaha!
Scherzi a parte, togliendo il fatto di essere una persona con un carattere abbastanza difficile ed esigente (sono dello Scorpione), noto che oggi giorno noto che nessuno è più disposto ad impegnarsi, e parlo di etero, gay, lesbiche, trans: sembra quasi che se ti fidanzi la tua vita finisce, non puoi più fare nulla, sei un condannato a morte: invece io credo proprio che stare con qualcuno ti dia l’opportunità di fare cose che non faresti da solo, di condividere, di fare nuove esperienze, nuove avventure, viaggiare, divertirsi, scoprire il mondo. Per me un partner è un compagno di vita, qualcuno con cui raddoppiare il divertimento, non dimezzarlo. In fondo sono un’eterna romantica, una ragazza all’antica, ma gli uomini di altri tempi purtroppo scarseggiano.
È molto bello il fatto che tu voglia scrivere innanzitutto per dare la tua testimonianza a chi sta vivendo la tua stessa fase di transizione oppure a chi ha ancora paura di intraprendere questa strada per tua stessa ammissione difficile e tortuosa. Ma tu, hai avuto qualcuno che ti ha “ispirato” e “guidato” anche inconsapevolmente agli inizi del tuo percorso?
No. Il problema, anzi, è proprio quello. Crescendo non ho mai avuto un modello di riferimento, una figura a cui ispirarmi, qualcuno che mi aiutasse a capire chi ero veramente. In Italia come trans c’erano solo Vladimir Luxuria e Eva Robin’s. fine. E io sinceramente non mi sentivo ispirata da nessuna delle due.
Tante polemiche sulla controversa Amanda Lear, tante battuttine, tanta confusione, niente che aiutasse sul serio o che ti aiutasse a prenderti sul serio. Non c’era Lea T, non c’era Carmen Carrera, non c’era Laverne Cox o Valentina Sampaio o Andreja Pejic. Forse se ci fossero state avrei cominciato il mio percorso molto prima, chissà. Credo che la generazione di oggi sia molto più fortunata rispetto alla mia, ha molte più immagini e figure in cui identificarsi, infatti tantissime transgender che mi contattano per chiedermi aiuto sono giovanissime, anche i 16 anni.
Visto che io non ho avuto nessuno ho voluto mettere a frutto tutto ciò che ho imparato in modo da poter aiutare chi verrà dopo di me, insegnargli le cose che ho imparato, spiegare, spiegarmi, spiegare anche ai loro genitori, perché chi meglio di qualcuno che l’ha vissuto sulla propria pelle può saperlo.
Mi piace pensare che di tutte le difficoltà che ho affrontato qualcuno possa trarne qualcosa di buono
Come immagini il tuo futuro?
Colorato, caotico, intenso. Come me.

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lunedì 11 settembre 2017

11 09 01

quel giorno stavo navigando e sentendo aaliyah try again, lei e morta in agosto del 2001 incedente aereo, e vengo interrotta da una amica conosciuta in un forum, guarda la tv sta succedendo qualcosa di terribile 11/09/01

domenica 10 settembre 2017

I transessuali tentano il suicidio 10 volte di più

 

Le cause: bullismo, cyberbullismo, discriminazioni e depressione. Tutti i numeri

Il grafico mette a confronto le percentuali di persone che hanno tentato il suicidio tra la popolazione generale degli Usa (in marrone), tra le transessuali Mtf (“male to female”, cioè da uomo a donna, in fucsia), tra i transessuali Ftm (“Female to male”, cioè da donna a uomo, in blu). Sono considerate anche le crossdresser di sesso maschile (in rosa) e di sesso femminile (in azzurro) e tra le persone con un’identità di genere incerta e di sesso maschile (in verde) e femminile (in marrone).

Dati sovrastimati?

I dati potrebbero essere sovrastimati perché sono stati raccolti attraverso un’associazione che difende i diritti delle persone Lgbt tanto è vero che buona parte delle persone intervistate si è avvicinata all’associazione perché ha subito atti di bullismo e cyberbullismo e discriminazioni, che aumentano la propensione alla depressione. Il binomio bullismo e suicidio si conferma, perciò, micidiale, soprattutto per le persone particolarmente fragili dal punto di vista sessuale.
Il dato, sconvolgente, è che in media il 41% del campione intervistato ha dichiarato di aver tentato il suicidio, anticipato da atti di autolesionismo,  rispetto al 4,5% della popolazione generale. E’ una percentuale talmente elevata da risultare in ogni caso allarmante e che non si riscontra in altri gruppi discriminati: per esempio, hanno tentato il suicidio “solo” circa il 10-20% dei gay e delle lesbiche.


Chi si opera è più esposto

Le transessuali Mtf e i transessuali Ftm  di solito sentono l’esigenza di trasformare del tutto o in parte il proprio corpo per adeguarlo alla propria vera identità di genere, ricorrendo ai farmaci e/o alla chirurgia. Negli Usa il 46% dei trans Ftm ha tentato di uccidersi almeno una volta: dieci volte di più della popolazione generale. Per le trans Mtf la percentuale è di poco più bassa: 42%. Comunque, quello che emerge dai dati è che i transgender che non vogliono cambiare il proprio corpo hanno tentato il suicidio meno spesso di quelli che desiderano essere sottoposti a terapie ormonali o chirurgia o che vi si sono sottoposti.

Chi sono i crossdresser

Poi c’è il caso dei crossdresser: persone che non si riconoscono nel proprio sesso ma non sentono l’esigenza di modificare il proprio corpo e si limitano ad adottare l’abbigliamento e gli atteggiamenti del genere al quale sentono di appartenere. In altri casi invece si riconoscono nel proprio sesso ma amano vestirsi con gli abiti del sesso opposto, per i motivi più vari. I crossdresser di sesso femminile tentano il suicidio con la stessa frequenza dei trans Ftm: 46%. Invece per le crossdresser di sesso maschile la percentuale è molto più bassa: 21%, ma sempre di oltre quattro volte superiore a quella della popolazione generale.

Identità di genere incerta 

Le persone con identità di genere variabile o incerta si identificano a volte come uomini e a volte come donne, oppure non si riconoscono in nessuna di queste due categorie. Le persone con identità di genere variabile o incerta e sesso maschile hanno tentato il suicidio nel 38% dei casi mentre le persone con identità di genere variabile o incerta e sesso femminile ci hanno provato nel 35%.

I giovani sono più fragili

Malgrado la società accetti i transgender molto più che in passato, i tentati suicidi tra gli adolescenti sono più frequenti. Il 44% di chi ha tra i 18 e i 24 anni ci ha già provato almeno una volta mentre solo il 16% dei transgender che hanno più di 65 anni ha cercato di togliersi la vita nel corso della propria esistenza.
La percentuale di chi ha tentato il suicidio è più alta tra coloro che si sono stati emarginati dalla propria famiglia. In particolare, ha tentato almeno una volta il suicidio il 50% delle persone che non vedono più i propri figli dopo aver rivelato di essere transgender ma anche tra coloro che sono stati pienamente accettati dai familiari, il 33% ha ugualmente cercato di uccidersi.
Secondo i dati il 40% delle transessuali Mtf che si sentono riconosciute come donne hanno tentato il suicidio, ma la percentuale sale al 45% per quelle che percepiscono di essere considerate “trans” o “travestito”.
I transgender che si presentano come tali in tutti gli ambienti (famiglia, lavoro, amicizie) hanno tentato il suicidio più spesso (50%) di quelli che non lo dicono o che selezionano le persone alle quali rivelare la propria identità.
I dati si riferiscono al: 2009
Fonte: elaborazione Ucla su dati Ntds

domenica 27 agosto 2017

CARDANDAN

CARDANDAN
https://www.google.com/maps?ll=25.182548,101.86285&z=5&t=m&hl=it-IT&gl=IT&mapclient=embed&q=Yunnan+Cina
R II 41 0; R II 41 1; R II 43 1.
Çardandan F; Çardandan L; Ardandam P; Chardadan V; Ardanda, Ardandan VA; Ardidan VB; Çardandan Z.
BIBLIOGRAFIA – (a) Cardona 1975, pp. 544-545; Pelliot 1959-1973, pp. 603-606 n. 197. – (b) Burton, Whiting 1961; Cohen 1951, p. 123; Dawson 1929; Eliade 1989, pp. 57-89; Ericksen Paige, Paige 1981, pp. 188-199; Gros 1994; Munroe, Munroe, Whiting 1973; Munroe, Munroe 1975.
(a)
Il pers. Zar-dandān “denti d’oro”, base del lemma poliano (nella grafia di F: la ‹c-› in Ramusio è una trivializzazione facilmente spiegabile), traduce alla lettera il cin. Jinchi. L’origine etnica di questa popolazione, che abitava nello Yunnan, tra Mekong e Birmania (Myanmar), è rimasta ignota. Pure le fonti cinesi (che ne parlano dall’VIII sec.) registrano l’uso (comune a uomini e donne, diversamente da quanto indica Polo) di coprire i denti con una foglia d’oro (e autentiche sono da tutti giudicate le informazioni sui tatuaggi attestate da R).
La regione rappresenta il punto estremo, a S, degli spostamenti di Polo nel territorio cinese: le informazioni sul Sud-Est asiatico contenute nel testo a partire da R II 43 (regno di Mien, Bangala, Cangigú etc.) sono di seconda mano.
[EB]
(b)
Subito dopo il parto, il marito prende il posto e il ruolo della moglie: si mette a letto col neonato e lo accudisce (men’s childbed), tenendolo presso di sé per un periodo di tempo durante il quale riceve frequenti visite di parenti ed amici. Questa pratica postnatale, descritta da Polo nella ricca “scheda” etnografica di R II 41 7 e sg., rappresenta la forma “classica” della couvade, usanza ben nota alla letteratura antropologica, riscontrata presso varie popolazioni (tra gli Ainu in Hokkaido e presso la tribù Lang-Tse dei Miao, in certe isole del Pacifico e specialmente in America meridionale) e segnalata anche nell’antichità (come notava anche Ramusio, in una nota a margine del f. 36r: «Strabone [III IV 7] nel fine del terzo libro parlando de Spagnuoli dice il medemo usarsi fra loro come la donna ha partorito»; e si aggiungano Plutarco, Erodoto, Diodoro Siculo). (Resta insostituibile la monografia di Dawson 1929, da integrarsi con Gros 1994).
Sostituendosi alla puerpera l’uomo attua una forma di partecipazione simbolica alla gestazione e al processo della nascita. In tal modo, egli palesa e “socializza” il suo legame col bambino, facendosi riconoscere come padre dai congiunti e dall’intera comunità. Per Cohen (1951, p. 123) la couvade sarebbe riconducibile all’idea di una fusione primigenia di maschile e femminile: andrebbe perciò considerata quale «affirmation de l’unité fondamentale du principe bisexuel, régissant l’Univers humain dans une perpétuelle création, qui est avant tout une différenciation». In quasi tutte le tradizioni religiose, l’uomo primordiale è rappresentato come androgino, ossia come modello archetipico di uomo perfetto, totale, in cui i poli antitetici coincidono (vd. Eliade 1989, pp. 57-89). La compresenza dei princìpi sessuali opposti nello stesso individuo simbolizza la realtà assoluta, lo stato indifferenziato e pre-formale degli inizi, caratterizzato dalla coincidentia oppositorum. L’assunzione, da parte dell’uomo, di funzioni e tratti pertinenti alla sfera femminile parrebbe indicare la volontà di ristabilire l’androginia primeva, al fine di sospendere la condizione profana e restaurare la ricchezza non-duale dell’illud tempus. La couvade esprimerebbe dunque, secondo Cohen, una sorta di “nostalgia delle origini”, proiettata per il tramite di precisi atti rituali sugli esordi di una nuova vita. Attorno al nuovo nato si ricostituirebbe allora una condizione aurorale, una sorta d’infanzia del mondo.
I più recenti studi su questa usanza hanno cercato di individuarne cause e fattori in determinate strutture socio-culturali. Una spiegazione della couvade in termini di psicodinamica è stata avanzata da Munroe, Munroe, Whiting (1973) e Munroe, Munroe (1975), che hanno trovato i loro presupposti teorici nelle ricerche di psicologia dell’età evolutiva di Burton, Whiting (1961), basate sul concetto di cross-sex identity. Stando ai risultati di queste indagini, i comportamenti ritualizzati che si designano col nome di couvade si riscontrerebbero di preferenza nelle società matrilocali, cioè in quei tipi di ordinamento in cui i bambini vivono in un ambiente domestico dominato dalla componente femminile (matri-residence) e dividono il letto con la propria madre, mentre il padre dorme altrove. I soggetti cresciuti in questo genere di organizzazione sociale tendono a conferire maggiore importanza alla figura della donna che a quella dell’uomo, perché percepiscono la madre quale distributrice dei beni e principale mediatrice con il mondo adulto. Secondo il modello elaborato da Burton e Whiting, simili ambienti a debole rilevanza maschile (low male salience) inducono i giovani maschi a sviluppare una cross-sex identity che li predispone all’imitazione del ruolo femminile. La couvade sarebbe dunque un riflesso di tale disposizione psicologica inconscia.
Diversa e più vicina ai modelli d’interpretazione tradizionali è l’ipotesi avanzata da Ericksen Paige, Paige (1981, pp. 188-199), per i quali la couvade va analizzata come contrattazione rituale messa in atto dal marito per affermare le sue prerogative di padre all’interno di società in cui i gruppi d’interesse fraterno sono deboli o del tutto assenti (weak fraternal interest group societies). In ambienti di questo tipo l’uomo non può contare su una rete di solidarietà familiari per sostenere i suoi diritti sulla prole: si deve quindi impegnare in certe pratiche simboliche sostitutive della gravidanza perché la sua rivendicazione di paternità sia legittimata dal consenso collettivo. L’approvazione pubblica accordata al marito durante lo svolgimento della couvade (si ricordino gli omaggi e le visite di cortesia di parenti e amici di cui si fa menzione nel passo marcopoliano) esprime il riconoscimento del suo status di padre da parte del contesto sociale.
[AB]

venerdì 25 agosto 2017

Quando Lady Diana andò con Freddie Mercury in un locale gay travestita da uomo: la storia


A ormai vent’anni dalla morte, la principessa Diana rimane ancora nel cuore della gente. La “Principessa del popolo” morì a 36 anni, il 31 agosto del 1997, in un incidente d’auto a Parigi, inseguita dai paparazzi. Da anni era la protagonista del jet-set, alimentando le cronache rosa con glamour e pettegolezzi: il culto della sua figura, mito di eleganza e fascino, rimane tutto e, almeno per il momento, sembra destinato a rimanere insuperabile.


Particolari piccanti di una notte brava. Un vestito da uomo, una giacca militare. E, dentro a quei panni mascolini, la principessa Diana che aveva accettato di vestirsi da uomo su suggerimento di Freddie Mercury.  E, insieme alla vode dei Queen e a una coppia di amici, andò in un bar gay di Londra.
Nessuno riconobbe la principessa nei panni di un uomo. Ma a rivelare i particolari della nottata con il cantante dei Queen è stata Cleo Rocos nelle sue memorie che, in questi giorni, sono state pubblicate dal Sunday Times. Secondo il racconto dell’attrice, il pub era il Royal Vauxhall Tavern e tutti furono catturati dalla “visione” di Freddie Mercury. Lady D., che si presentò in divisa, cappello e occhiali da sole, fu del tutto ignorata. “Anche dal cameriere quando ordinò da bere”, ha raccontato l’attrice ricordando la sensazione confidatale dalla principessa, che provò molto piacere per non essere stata riconosciuta.
Diana e Mercury trascorsero il pomeriggio a casa del comico inglese Kenny Everett,  “Bevendo champagne davanti alle repliche di The Golden Girlscon il volume abbassato, improvvisando i dialoghi su una trama sconcia. Quando Diana chiese quali fossero i loro piani per la serata, Mercury rispose che avevano in mente di fare un salto al Royal Vauxhall Tavern, uno dei club gay più famosi di Londra. La principessa insistette per continuare la serata con loro e staccare un po’ la spina. Freddie disse: Andiamo, lasciamo che la ragazza si diverta. Diana e Freddie se la ridevano e lei ordinò una birra e del vino bianco. Una volta conclusa la transazione ci guardammo gli uni con gli altri , uniti nel nostro trionfo. Ce l’avevamo fatta!”.
A rivelare questo nuovo episodio della vita di Lady D fu nel 2013 proprio l’artista di Rio de Janeiro nelle sue memorie, pubblicate dal Sunday Times. Secondo quanto riportò il quotidiano britannico, Diana si presentò in divisa, cappello e occhiali da sole, fu del tutto ignorata, anche dal cameriere quando ordinò da bere, raccontò l’attrice. La Principessa, che provò molto piacere per non essere stata riconosciuta. “Dovremmo farlo di nuovo!” disse entusiasta Lady Diana al ritorno a casa sua al Kensington Palace.

 Dopo le morti per Aids di Mercury e Everett, la principessa Diana divenne la prima sostenitrice del National AIDS Trust, una delle più importanti organizzazioni del Regno Unito per la ricerca contro la malattia. Quella loro divertente notte al Royal Vauxhall Tavern fu trasformata poi nel 2016 in un musical, portato in scena nel locale stesso.

giovedì 17 agosto 2017

Tolleranza Zero

Tolleranza Zero, ecco la mappa interattiva per denunciare e scoprire stabilimenti e esercenti commerciali omofobi


 

mercoledì 9 agosto 2017

Viso tondo, ovale, quadrato o a cuore? A ciascuna il proprio taglio di capelli che esalta i punti forti

Viso tondo: capelli lunghi scalati

Un viso tondo si sfina grazie a una chioma lunga almeno sotto le spalle, con un taglio ben scalato e una piega preferibilmente mossa. A confermarlo su allure.com è l'hairstylist americano Chris McMillan, che si occupa di teste molto famose (una fra tante Selena Gomez, dal viso tondo). "La scalatura deve essere ben visibile, quindi decisa, i capelli rimangono a più livelli diversi fino ad arrivare alla lunghezza, meglio se i capelli sfiorano l'altezza del seno", spiga l'esperto.

La riga? Laterale. Un ciuffo sfoltito e scalato che scende obliquo e morbido sul viso sarà il tocco finale per un viso tondo che sfuma in un ovale più equilibrato. Oppure puoi optare anche per una riga centrale, ma è sempre meglio dare un bel volume ai due ciuffi che incorniciano il viso.

Selena Gomez

Viso tondo: bob mosso con riga in mezzo

"La chiave per portare i capelli sopra le spalle se hai il viso rotondo è lo styling", sostiene Jimmy Paul, l'hair stylist di Jennifer Lawrence. Insomma, il bob, che è uno dei tagli di stagione, è una scelta plausibile anche per chi ha una forma del viso molto tonda, ma l'importante è la piega: deve essere mossa. Le onde dei capelli mossi corti danno volume e spostano l'attenzione dalla forma del viso rotondo a una chioma movimentata.

Jennifer Lawrence

Viso tondo: taglio pixie preciso

Proprio così, non è vero che chi ha il viso tondo sta male con i capelli corti. Basta guardare Ginnifer Goodwin, l'attrice che interpreta Biancaneve nella webserie C'era una volta. Il taglio pixie però deve essere ultra definito, con le estremità tagliate a raso che incorniciano il viso e sottolineano gli occhi e gli zigomi.

Ginnifer Goodwin

Viso ovale: capelli lunghi mossi con la riga in mezzo

Onde morbide con la riga centrale è la risposta esatta per chi ha il viso ovale e ama i capelli lunghi. Proprio come Jessica Alba in quasi tutti i suoi film: l'hair stylist Ted Gibson suggerisce di copiare il suo look, con quel taglio scalato che supera le spalle, la piega ondulata molto morbida e tanto volume. L'effetto è incredibilmente romantico.

Jessica Alba


Opzione B: la frangia. La frangetta divise il viso in due segmenti, quindi per chi ha una forma del viso allungata, un ciuffo corto laterale o una maxi frangia ultra compatta e dritta aiutano ad "accorciare" l'ovale.


Jessica Biel

Viso ovale: carré con ciuffo laterale

Tagli medi per viso ovale? Il carré, liscio o naturalmente ondulato con un ciuffo laterale. "Aiuta a "rompere" un viso lungo e aggiungere morbidezza", dice Paul McMillan. Ci si può aiutare con dei prodotti volumizzanti che aumentano la texture e il gioco è fatto: la forma del viso è più equilibrata e il collo è libero dai capelli.


Lizzy Caplan

Viso ovale: taglio pixie spettinato

Come quello color platino di Katy Perry. Il viso di forma ovale si presta ai tagli ultra corti perché si sfina e si mettono in risalto gli zigomi e gli occhi. La piega però deve essere leggermente spettinata, suggerisce l'esperto di bellezza delle celeb. Puoi anche osare con la frangetta se ti piace, l'importante è che, anche quella, sia scalata e sbarazzina.


Katy Perry

Viso quadrato: capelli lunghi e lisci

Semplice e conciso: un taglio lungo, con angoli morbidi alle estremità, e la riga in mezzo che si apre al centro del viso distogliendo l'attenzione dalla mascella squadrata. Alla Demi Moore, insomma. Gli esperti suggeriscono per chi ha il viso a forma quadrata di evitare i tagli di capelli molto corti, perché sottolineerebbero la mascella importante.

Demi Moore

Viso quadrato: capelli medi ondulati

L'alternativa soft. Anziché lisciare i capelli come hai visto qui sopra, puoi ondularli con una piastra per boccoli e stratificare le onde a più livelli, ciuffo laterale compreso, come fa Keira Knightley. "In questo modo si oscurano delicatamente le estremità della mascella e del mento e il viso ha un aspetto più dolce e morbido", spiega Paul.


Keira Knightley

Viso quadrato: caschetto spettinato

"Un bob soffice e ad effetto spettinato che incornicia il mento funziona splendidamente su un volto quadrato", dice l'hair stylist Gibson ad Allure. L'importante è dare volume con i prodotti giusti e frizionando con le mani i capelli bagnati.


Olivia Wilde

Viso a cuore: tagli medi mossi

Il viso a cuore è molto sofisticato, romantico e sensuale. Va esaltato con il taglio di capelli giusto e gli esperti consigliano un taglio medio con onde naturali e profonde, come quello dell'attrice Reese Witherspoon. Il suo parrucchiere sostiene che "questo tipo di taglio chiude delicatamente la fronte, dando maggiore equilibrio al viso ed esaltando sia gli occhi che il mento a cuore, che è proprio il punto di forza". La riga laterale dà maggiore volume e sta meglio rispetto a quella centrale.

Reese Witherspoon

Viso a cuore: il caschetto con la frangia

"I capelli che arrivano proprio sotto alla mandibola aiutano a riempire l'area intorno al mento e sottolinea il triangolo", spiega l'esperto. Per sfocare ancora di più quelle righe, si può aggiungere un po 'di corpo, come fa l'attrice Kerry Washington, con una spazzola tonda e uno spray volumizzante. Poi c'è lei, la protagonista dei visi più belli: la frangetta corta, che aiuta a sottolineare la dolcezza del mento a cuoricino. Evviva i bob e le frange!


Kerry Washington

Viso a cuore: taglio corto e soft

Per chi ha il viso a cuore e ama i capelli corti la soluzione ideale è questa, dicono gli hair stylist delle celeb: un pixie molto morbido, che gioca con delle lunghezze soft e voluminose. La foto da portare al parrucchiere per copiare il taglio? Quella della modella e conduttrice tv australiana Ruby Rose. Avvertenze: questo taglio è per i visi più armoniosi ed equilibrati.

Ruby Rose

7 modi per depilarti

7 soluzioni furbe per la depilazione (ed essere liscia ovunque!)


1. Studia i fondamentali

Per ogni zona del corpo esiste una tecnica ideale, ma non siamo tutte uguali. Vale invece come buona pratica universale quella di "scrubbure" la zona interessata prima di passare all'azione. Così sollevi i peli sotto cute ed eviti di scavare o strizzare con le unghie quelli incarniti provocando cicatrici. Un'altra best practice è quella di applicare borotalco prima di passare cera &Co.

2. Minimizza l'uso del rasoio

Ok, certo è comodo e veloce. Se si tratta poi di dover rimediare al volo ad una situazione grave (tipo un appuntamento last minute), allora è concesso. Per il resto meglio evitare. Attenzione alle zone delicate: se proprio devi, opta per quello elettrico. È meno aggressivo sulla pelle.

3. Cera sì o cera no?

I periodi freddi dell'anno sono top per l'operazione disboscamento. Puoi permetterti di aspettare il tempo della ricrescita del pelo fino alla ceretta successiva. In questo modo, e con tanta costanza, i bulbi dei peli si indeboliscono e piano piano avrai una peluria più rada. La tecnica top è passare l'epilatore elettrico appena vedi comparire la ricrescita.

4. La magica idratazione

Dopo la depilazione una generosa passata di crema è quello che ci vuole. La scolta ce l'ahi con le nuove creme che contengono inibitori della crescita. In pratica nutrono la pelle e agiscono anche sui bulbi ritardando la ricomparsa.

5. Per le zone hot

In questo caso si parla di extradelicatezza. L'ideale è affidarsi all'estetista che con la cera a caldo donerà al tuo bush la forma e l'aspetto desiderato. Poi mantieni il lavoro a casa con gli speciali rasoi da zona bikini o con le strisce già pronte in versione sensitive. Applica sempre una crema lenitiva. Sapevi che quella per il viso va benissimo? Per accorciare usa il trimmer e mai le forbicine.



6. Viso & Co. in primo piano

Eh sì, anche la faccia è una zona da tenere sotto controllo. Basette, sopracciglia e baffetti vanno corretti o ridefiniti in base a quanto madre natura è stata generosa. Per i baffi: attenzione alla ceretta home made se non sei un'esperta. Rischi di provocare abrasioni e follicoliti. Per le sopracciglia preferisci la pinzetta e rimuovile sempre da sotto l'arcata, mai sopra. Per i peli del naso usa gli appositi device, per le basette è ok la crema deplilatoria.

7. Gli innominabili

Per Cosmo non ci sono tabù, quindi se parliamo di peletti sul collo del piede o sull'alluce non c'è nulla di cui vergognarsi, anche perché ce lo abbiamo (quasi) tutte. L'ideale è rimuoverli con la stessa tecnica usata per le gambe. Ceretta o epilatore elettrico sono ok. Se poi il tuo disagio deriva dalla peluria troppo scura ed è accentuata sulle guance, bisogna intervenire con sedute di epilazione definitiva. E passa la paura!


Lato B consigli

1. Lato B squadrato 



Se la linea che congiunge l'anca all'esterno coscia è perpendicolare al pavimento, allora secondo il dottor Schulman hai un sedere squadrato.

L'intimo adatto a te. I tipi di biancheria che poggiano sulla parte alta della coscia rischiano di creare un effetto "shorts", meglio i bikini, i tanga e i perizoma che sono comodi e sanno valorizzare una donna dal sedere squadrato e piatto. Evita le mutande elasticizzate sulla coscia, quel tessuto extra potrebbe arricciarsi in modo imbarazzante. 

2. Lato B a forma di V



Se la linea che congiunge il bacino all'anca curva verso l'interno, il tuo sedere crea una "V". Il dottor Schulman dice che è una forma molto comune nelle donne che hanno le spalle larghe e le anche molto strette.

L'intimo adatto a te. Ti consigliamo degli slip, delle mutandine a vita alta, delle culotte o dei bikini non troppo sgambati, che coprirebbero poco i glutei. Il sedere a V può far sembrare i glutei flosci, quindi assicurati che il taglio della gamba li sostenga nel modo giusto per ottenere quell'effetto di modellamento in più.

3. Lato B a forma di A 


Le donne dal "fisico a pera" tendono ad avere un sedere a forma di A, ossia  quello che, come spiega il dottor Schulman, si allarga al di sotto delle anche.

L'intimo adatto a te. Dato che il sedere a forma di A di solito nasce dalle cosce piene, i tipi di biancheria più adatti a te sono quelli più sgambati. Scegli i tanga, i bikini, o gli slip di pizzo elasticizzato o con bordi senza cuciture. Evita l'intimo elasticizzato attorno alla gamba, rischia di essere scomodo e di darti l'idea di essere intrappolata.

4. Lato B tondo 


Diciamo che il nome rivela già tutto, soprattutto perché è il sedere di Kim Kardashian, Queen Bey e J. Lo.

L'intimo adatto a te. Un sedere tondo ha bisogno di tessuto extra sulla parte posteriore delle mutande perché sia coperto, altrimenti tenderanno a scivolare all'indietro, e se l'elastico si abbassa sul davanti, la zona sembrerà tagliata in due. I tanga, i perizomi, gli slip e le culotte in tessuto elastico tipo spandex e una cucitura posteriore centrale, lievemente increspata, sono - almeno in un mondo perfetto  - l'ideale per mettere in risalto i glutei. Consiglio: meglio una taglia in più, che ti coprirà quel tanto che basta in più.

5. Lato B a forma di cuore al contrario 


Il caro vecchio sedere con la forma del cuore al contrario è rotondo e non sfida la forza di gravità. Come il sedere tondo, "anche questo curva al di fuori dell'anca, ma nella parte inferiore ha più volume", spiega il dott. Schulman.

L'intimo adatto a te. Dato che  il sedere e le anche hanno un aspetto pieno, e le natiche sono rivolte verso il basso, l'intimo a gamba alta non le coprirebbe nel modo giusto. Meglio gli slip o bikini con la gamba bassa. Se hai paura che l'aspetto sia troppo molle, assicurati di scegliere un tipo di intimo che sostenga i glutei proprio sotto al solco: vedrai l'effetto all'istante.

venerdì 4 agosto 2017


 un modello femminile che vorrei sappiate che alcune di noi quando scelgono di fare il percorso di transizione MtF hanno dei modelli femminili che hanno ispirato la loro femminilità interna, rimane nascosta/dormiente però esiste (se sei predestinata), e un femminile che poi cresce col tempo interagendo con sempre più azioni femminili, per esempio con le mie amiche per loro non sono un maschio, mi confidano cose serie o stupidate ma lo fanno con piacere, delle volte sono invitata per fare shopping (non mi annoio mai ) con loro oppure mi mandano delle foto con su scritto “Amica” guarda cosa ho preso oggi, oppure dammi un tuo consiglio su come devo abbinare?, in questo campo mi sento fortunata e spero di fare così in futuro, per quanto mi riguarda i miei primi modelli femminili erano le donne del postal market (donne stupende) be e poi anche mia Madre, alla fine anche se si litiga e stata la mia ispirazione femminile (quella per bene) e si perché alcune di noi non vogliono essere etichettate come trans* mercenarie oppure delle malate di sesso che credono che sia essere più da donna se fai sesso con tanti uomini, concludo dicendo che alcune di noi hanno/sognano dei modelli femminili come una qualsiasi bambina che agli occhi della madre desiderano diventare come lei, tutto qui, se in futuro vostro fratello,cugino,amico,ecc cercate il loro femminile e aiutatelo perché può nascondere un femminile innato ma rinchiusa in una barriera mentale, noi esistiamo e siamo creature femminili non donne bio ovviamente, possiamo essere considerate come creature femminili che non possono procreare, ma l’amore per una persona scelta e guardarla con occhi da innamorata, alcune magari sognano di essere una madre adottiva questo possiamo farlo, possiamo farlo davvero

venerdì 21 luglio 2017

Maschio & Femmina: i 2 sessi che convivono in ognuno di noi

Oltre le mode del gender fluido, la biologia sta rivelando le sorprendenti metamorfosi del Dna: l’identità è un enorme puzzle di possibilità multiple

 università di torino

Pensiamo al sesso come un linguaggio binario in stile pc, zero e uno. Maschio e femmina. Tendiamo a farlo anche quando ci troviamo faccia a faccia: in base al vestito o come ci si comporta si deve essere maschio o femmina. Eppure c’è molto di più, oltre le apparenze e le mode dei «gender fluid». A rivelarlo è la biologia: non è vero che siamo tutti «zero» o «uno», ma apparteniamo a uno spettro di possibilità. In ognuno di noi i sessi convivono, in gradazioni variabili.



Al Royal Melbourne Hospital, in Australia, il genetista Paul James ha analizzato i cromosomi di una donna di 46 anni: voleva capire se il futuro figlio potesse soffrire di qualche anomalia del Dna. Il feto stava benissimo, ma i risultati della madre si sono rivelati inattesi: le cellule del suo organismo contenevano il materiale genetico di due persone diverse, un individuo femmina e uno maschio, «probabilmente il risultato di una fusione tra due embrioni gemelli», spiega James. Così, la donna ha scoperto che metà del suo corpo era geneticamente un uomo. «Una scoperta - ha commentato lo specialista - che ha del fantascientifico, per chi era venuto in ospedale per un’amniocentesi”».



LA Y CHE C’È O NON C’È 

Il sesso, in effetti, può essere molto più complicato di quanto appare. La presenza o l’assenza di una Y conta. E non poco. Con il cromosoma Y sei maschio, senza sei femmina. Tuttavia - come si sa da tempo - l’anatomia sessuale, a volte, è in disaccordo con la genetica. «Il problema è che il sesso può essere definito in diversi modi: genetica, ormoni, attributi sessuali - spiega Arthur Arnold, della University of California di Los Angeles -. Ed è sorprendente quanto può essere forte l’effetto dei cromosomi sessuali sul comportamento di singole cellule». Con alcuni colleghi ha dimostrato che nel topo la quantità di cromosoma X è in grado di modificarne il metabolismo, un dato in linea con una serie di esperimenti in vitro in cui si è visto che cellule XX e XY rispondono in modo differente alle sollecitazioni dello stress.



Ora le tecniche più avanzate di sequenziamento del Dna e di biologia cellulare stanno rivelando che, in realtà, ognuno di noi è - a vari livelli - un mosaico (o un puzzle) di cellule geneticamente distinte, alcune con un corredo genetico sessuale che può essere diverso da tutte le altre. Non a caso, fino a cinque settimane di vita, ognuno di noi ha le potenzialità per diventare sia maschio sia femmina. È la sesta settimana quella decisiva: in quel momento sviluppiamo solo uno dei due apparati sessuali. Poi, fuori dall’utero, scattano altri meccanismi. Vincent Harley, genetista dell’Institute for Medical Research di Melbourne, ha scoperto che, almeno nel topo da laboratorio, è necessario mantenere un certo equilibrio per tutta la vita: «Il gene Foxl2 è essenziale affinché le ovaie producano cellule uovo, mentre il gene Dmrt1 lo è per la produzione di spermatozoi nei testicoli».



A complicare ulteriormente questo mondo fluido del sesso, al dipartimento di Genetica Molecolare del Weizmann Institute of Science, in Israele, Shmuel Pietrokovski e Moran Gershoni hanno pubblicato uno studio in cui evidenziano 6500 geni espressi in modo diverso tra uomini e donne. Questi geni controllano non solo lo sviluppo di muscoli e peli, ma la suscettibilità a specifiche malattie e la risposta ai farmaci. «Il genoma - hanno commentato - è praticamente lo stesso in ognuno di noi, eppure viene utilizzato in modi diversi in varie parti del corpo».



L’idea binaria di due sessi si sta quindi rivelando superficiale e non solo per la nostra specie, ma per tutte, dove le eccezioni a quella che si pensava fosse la norma sono ancora più evidenti. Fino a un fenomeno raro nell’uomo e tuttavia comune in molti organismi meno evoluti: è l’ermafroditismo, in cui lo stesso individuo presenta organi sessuali di entrambi i sessi. Il pesce pagliaccio - reso famoso dal cartone «Alla ricerca di Nemo» - è, da questo punto di vista, una specie tra le più interessanti: quando in una famiglia la femmina muore, il maschio cambia sesso e ne prende il posto, mentre una delle femmine giovani diventa, a sua volta, il nuovo maschio. Il pesciolino Serranus Tortugarum è ancora più esuberante: è in grado di cambiare sesso anche 20 volte al giorno, producendo entrambi i gameti in modo alternato, ma restando fedele al partner, che, ovviamente, si deve adeguare a questi rapidissimi cambiamenti.



ESSERI ERMAFRODITI 

Ma sono ermafroditi anche i lombrichi, alcune chiocciole, crostacei e spugne di mare. Così torna, prepotente, la domanda più spontanea: perché gli esseri viventi più complessi si sono evoluti con due sessi (e basta)? La riproduzione asessuata - tipica di batteri, piante e animali inferiori - è in grado di produrre un enorme numero di individui e non c’è nemmeno il tormento di dover corteggiare il partner. Ma, se è andata diversamente per altri esseri viventi, compresi noi umani, significa che con il sesso ci sono benefici maggiori (e non solo quello del piacere). Più variabilità genetica significa una specie più adattabile e, quindi, più resiliente agli habitat.



Resta l’ultimo interrogativo: perché due sessi e non di più? In natura non si conoscono casi evidenti di animali con più di due sessi. Aumentare il numero di genitori non farebbe poi così tanta differenza nell’incrementare la flessibilità genetica di un individuo. In compenso creerebbe complicazioni a catena, forse ingestibili. Le ha immaginate Issac Asimov nel romanzo «Neanche gli dei», con alieni con tre sessi e diversi ruoli sia nella riproduzione sia nell’allevamento della prole. Fino allo scenario angosciante materializzato da Clifford Simak nel racconto «Miraggio», dove il tormento è ulteriore: sei rappresentanti della razza più evoluta di Marziani aspettano in una grotta il settimo partner. Senza di lui non ci sarà nessun bebè e, quindi, nessun futuro.

sabato 24 giugno 2017

Né donna. Né uomo. Io sono una trans

 articolo preso da Cosmopolitan


La storia di un ragazzo che non sta bene nel suo corpo. Che sogna di essere una femme fatale. E che dopo tanti anni ha deciso di prendere gli ormoni e di farsi il seno. Questa è la storia di Stella
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Ciao. Quella nella foto qui sopra sono io: Stella. Sono più vicina ai 40 che ai 30, sono fidanzata, di lavoro faccio la stylist (anche per Cosmopolitan) e sono una transessuale. Mi sono rifatta il naso, ho eliminato barba e peli con la luce pulsata, prendo ormoni femminili, e poche settimane fa ho fatto la mastoplastica additiva, una quarta coppa D. Ma mi fermerò qui. Come la maggior parte delle transessuali, non interverrò chirurgicamente sui miei organi genitali. Mi vanno benissimo così. Ho un ottimo rapporto con il mio pene. E finalmente adesso sono quello che ho sempre voluto essere. Non un uomo. Non una donna. Ma una transessuale. Ci ho messo più di vent'anni ad arrivare dove sono ora. A capirmi, a prendere coraggio delle mie azioni, a sbagliare, a ricominciare. Sono stati anni duri. Anni disperati, di depressione, e intensi, di serate ed eccessi. Ma anche anni belli. A volte guardo le ragazze transessuali più giovani, persone che hanno 15 anni meno di me, e che hanno già fatto tutto (ormoni, epilazione, seno), e mi sento una stupida per aver sprecato tutto questo tempo. Perché non l'ho fatto prima? Non lo so. Non lo so proprio. Ognuno ha il suo cammino da fare, immagino. Quello che leggi qui è il mio.
Che le donne non mi piacessero, mi è stato chiaro fin dall'inizio

Ero in quarta, quinta elementare e già prendevo le mie cottarelle per i compagni maschi. Ma per il resto (sono uomo o donna?), buio totale. Non sapevo neppure che esistessero i transessuali. Sapevo solo che avevo delle fantasie: avevo 12 anni, guardavo Madonna nel video di Material Girl e pensavo: «Che figa. Io voglio essere così». Guardavo Guesch Patti che cantava Étienne, con il suo look Anni 40 (longuette, camicia bianca. Sotto: un corpetto, un body, giarrettiere) e mi dicevo: «Magari essere lei, una donna di potere, bella, determinata. Una femme fatale. Supersexy». Da adolescente, andavo a cena con i miei amici, alle serate, ai pranzi di famiglia, mi mettevo in un angolo e mi annullavo. Immaginavo di fare il mio ingresso come Guesch Patti, di attirare gli sguardi di tutti i maschi, di sedurli, di piacere. Nessuno sapeva delle mie fantasie, e io diventavo sempre più cupo. Ai miei avevo detto che ero gay, ma nulla di più. Non è stato un dramma, erano di mentalità aperta, ma da allora non mi hanno chiesto più niente. La mia adolescenza è stata lunga, solitaria, incerta. Brutta.
Tutto è cambiato quando mi sono trasferito a Milano dalla Sardegna

Milano mi ha aiutato a fiorire: qui ho fatto le mie prime esperienze omosessuali, ho cominciato a uscire, a divertirmi. Una sera, avrò avuto 22, 23 anni, in un locale gay mi sono avvicinato a una transessuale: ero un bel ragazzo sardo, abbronzato, col pizzetto. Mi avvicino e le dico: «Ciao ti posso conoscere?». E lei: «Ma certo». Io: «Non l'ho mai detto a nessuno: voglio diventare una transessuale». Risposta sua: «Ma vai a quel paese. Credevo volessi provarci con me!». Non mi ricordo neppure come si chiamava, ma quella trans lì, quella sera, fu la prima ad accogliere le mie prime confidenze e a spiegarmi le cose. Nel nostro ambiente c'è una tradizione: le più adulte aiutano le più giovani. È una specie di regola non scritta, come in una tribù, in cui la conoscenza passa di generazione in generazione. Perché quando hai 20 anni, sei un uomo e scopri che vuoi vestirti da donna, tutto è complicatissimo. Non sai come nascondere la barba, come truccarti, che parrucca usare, dove comprare gli abiti. Da solo non ce la faresti mai. Anch'io, ora che sono (ehm...) grandicella, sto aiutando alcune transessuali giovani. Mi piace. Le guido, do loro consigli, le ascolto, lo scorso weekend le ho portate a ballare... Ma sto divagando. Torniamo alla mia storia.
La sera che ho fatto la mia prima uscita da drag queen

(odio il termine travestito, mi sembra dispregiativo), il mio amico Riccardo, che era un truccatore, mi ha aiutato a prepararmi. A diventare Stella. Ho ancora una polaroid di quella sera lì: caschetto biondo platino (chissà perché è la prima parrucca che usiamo tutte), abito nero, zeppe altissime. Ho rischiato di rompermi una caviglia a ogni passo. È stato bellissimo: eravamo al Tunnel di Milano, una serata gay, e io finalmente interpretavo la parte che avevo sempre desiderato fare. Da quel giorno ho cominciato a lavorare nei locali: adoravo fare la door selector, soprattutto dei privé. Ero una femme fatale potentissima che decideva chi poteva entrare o rimanere fuori. Feci il primo passo: mi sbarazzai della barba. Per una trans i peli in faccia sono un incubo: se fai una serata in discoteca, quando arrivi alle sei del mattino, il mostro comincia a spuntare. Terribile. Dio benedica chi ha scoperto la luce pulsata. La prima seduta è stata dolorosissima, tornai a casa con il viso tutto rosso. Poi dopo qualche giorno, mentre mi lavavo la faccia al mattino, mi resi conto che i peli mi rimanevano in mano.
Per anni la mia vita fu così: alla sera ero Stella, la drag, di giorno ero Fulvio, il gay

Con chi stavo? Alla luce del sole avevo storie con ragazzi omosessuali, da uomo. Di sera, con gli etero, vestita da donna. Ero condannata a essere spaccata in due. Col tempo, mi accorsi che i ragazzi gay non mi piacevano più. Io stavo bene solo con gli eterosessuali. Mi completavano. Ero diventata brava a sedurli con gli sguardi, le parole, il cervello. Il problema era che Stella, con le sue tette finte troppo grosse, i suoi eccessi, le parrucche, il trucco pesante, esisteva solo alla sera. Mica potevo andare in giro di giorno conciata così. Dopo una serata con qualcuno, aspettavo sempre una chiamata al mattino che non arrivava mai. In quegli anni ho sofferto molte volte di attacchi di depressione. Mi curavo, ma poi abbandonavo i farmaci e dopo un po' era tutto daccapo. Ripensandoci ora, la depressione era causata dal rapporto con il mio corpo: volevo essere una transessuale, invece ero una drag queen. Era tutto finto. Alcune mattine mi svegliavo senza forze, annichilita. Non riuscivo ad alzarmi dal letto. Gli uomini con cui stavo io erano tutti fidanzati o sposati. Che cosa trovavano in me? Non saprei. Ma non pensare che fosse, banalmente, il desiderio della trasgressione. Non c'è solo quello, e comunque con una transessuale le "combinazioni" sono tante.

Poi, un brutto giorno, è arrivata la crisi economica

Persi il lavoro. Fu come diventare adulta all'improvviso. Altri mesi bui. Di incoscienza e sofferenza. Pian piano però facevo dei cambiamenti: un trucco meno forte, un look meno eccessivo, qualche iniezione a zigomi e labbra. Il mio viso diventava sempre più effemminato. Ripresi a lavorare, le cose cominciavano ad andare meglio. Ma non riuscivo a trovare il coraggio per fare il passo. Il passo degli ormoni, il vero spartiacque. Gli ormoni ti cambiano il viso, ti addolciscono i lineamenti, ti modificano l'umore: diventi molto emotiva, vulnerabile. E poi, se fai una cura forte, hai problemi di erezione. È un prezzo da pagare altissimo. Ma faresti qualsiasi cosa pur di non prolungare l'agonia. Io ci ho messo anni prima di decidere. Un giorno una mia amica trans mi disse: «Sei ridicolo. Sei una testa di donna messa sopra un corpo da ragazzo. Ti vedi?». Eravamo in centro, mi sono guardata riflessa in una vetrina: era vero. Presi appuntamento dall'endocrinologo, ma rimandai per un anno ancora. Finalmente arriviamo alla primavera del 2014. Vado da un endocrinologo, questa volta decisa davvero, e mi faccio dare una cura ormonale.
Comincio con gli ormoni, e mi faccio chiamare da tutti Stella

Mi metto pure le ciglia finte, quelle permanenti. Di colpo, gli etero cominciano a guardarmi sempre di più, anche di giorno. Anche se sono Fulvio. E io sono felice. Sto meglio. Dopo qualche mese faccio la mia prima uscita al mattino con un trucco leggero, al bar sotto casa. Sorpresa: nessuno sguardo di disapprovazione. A ottobre 2014 vado in centro con un paio di jeans e i tacchi. Altra sorpresa: nessuno episodio spiacevole. Certo, ci sono gli sguardi, soprattutto delle donne, a quelli ti devi abituare. Ma saranno occhiate di curiosità o di disapprovazione? Nel frattempo incontro un ragazzo che ha 25 anni, eterosessuale, e cominciamo a uscire. Ci fidanziamo. Andiamo al cinema assieme, usciamo con le mie amiche trans e i loro fidanzati. Una vita quasi normale. Prendo coraggio, e decido di fare quello che ho sempre sognato: le tette. Il primo luglio 2015 mi sottopongo all'intervento. Quando mi sveglio sono così dolorante che non riesco neppure a essere felice.

La felicità arriva dopo, a casa, come un fiume

Un fiume di lacrime che ogni due per tre mi viene su agli occhi. Sono spossata, svuotata, come dopo aver fatto una gran fatica. Anni di fatiche. Mi guardo le tette, e mi commuovo. Io che non ho mai fatto il bagno o la doccia con nessuno (nessuno!) ora a casa giro sempre nuda. Mi guardo allo specchio e vedo che sono quello che ho sempre voluto essere. Una trans che si chiama Stella. Di giorno e di notte.

http://www.cosmopolitan.it/lifecoach/news/a111529/transessuale-storia-vera/

 Il sogno di Stella, la nostra collega transgender
Stella è una fashion stylist che ha deciso di provare cosa vuol dire indossare un reggiseno tutti i giorni. We love you!



Stella è una fashion stylist che collabora con Cosmopolitan. È sarda, vive a Milano da vent'anni, ha un senso dell'umorismo spaziale, è più vicina ai 40 che ai 20, è fidanzata ed è una transgender. Dopo aver vissuto per vent'anni una doppia vita (di giorno come uomo veniva in redazione e girava per gli showroom di Milano, di sera lavorava nei locali come drag queen), un giorno dell'anno scorso Stella ha detto basta: si è messa una T-shirt nera, un paio di skinny jeans, dei tronchetti di Zara, si è truccata e ha fatto un giro in San Babila. A mezzogiorno, con il sole di maggio in faccia. E con sua grande sorpresa, non è successo niente di quello temeva: nessuno l'ha additata, nessuno le ha riso in faccia, nessuno l'ha notata. Un signore le ha fatto dei complimenti, come succede a volte alle ragazze carine che girano per strada. Da quel giorno Stella ha trovato il coraggio, e ha deciso che vuole essere donna sempre, anche di giorno: ha cominciato a prendere gli ormoni, e ha deciso di sottoporsi a una mastoplastica additiva e di ridurre il pomo d'adamo. Costo dell'operazione: 8mila euro. Soldi che Stella non ha. Ha provato a chiedere un prestito in banca, ma essendo una free lance, non può dare garanzie quindi niente prestito.

Stamattina è venuta in redazione e ci ha detto che ha aperto un account su Kapipal, un portale di crowdfunding, dove le persone descrivono il loro sogno e chiedono aiuto per realizzarlo. Chiunque può cliccare e finanziare Stella con la somma che vuole. Il tutto è sicuro, avviene attraverso paypal. Nato inizialmente per scopi umanitari, il crowdfunding soprattutto negli Stati Uniti è usato da chiunque per raccogliere fondi per i motivi più svariati: finanziarsi gli studi all'università, organizzare il matrimonio dei sogni, fare il viaggio della vita, sostenere costi per interventi chirurgici...

L'iniziativa di Stella ci è piaciuta: è una nostra collega, le vogliamo bene, la sosteniamo. È una vera Cosmogirl. Abbiamo voluto raccontare la sua storia perché è una bella storia, una storia di una donna che trova se stessa. You rock, baby!

martedì 4 aprile 2017

Gli Screenshot di Melania

un mio lavoro per Gli Screenshot di Melania

Le situazioni virtuali di una Donna "non biologica".
Approcci, complimenti e demenze varie.
Buon divertimento....
vol 1. http://bit.ly/2oajIO8
vol 2. http://bit.ly/2o6bK7F