lunedì 23 aprile 2018

Enrie: la prima fashion blogger transessuale al mondo



Carissimi lettori, oggi voglio affrontare un tema importante: vorrei parlarvi di quelle persone che sentono di appartenere al sesso opposto a quello biologico di nascita e che decidono di affrontare un percorso per poter essere ciò che per natura potrebbe definirsi un errore. Per fare questo ho deciso di contattare una persona di mia conoscenza che si chiama Enrie. Enrie è la prima fashion blogger transessuale al mondo, e una delle 50.000 persone (circa) che in Italia ha deciso di intraprendere questo percorso e che quindi potrebbe definirsi transgender.
Ciao Enrie, innanzitutto ti chiedo se la mia definizione di transgender è esatta.
Sì, la tua definizione è esatta, anche se io tecnicamente sono ormai transessuale, e credo sia utile spiegare questa differenza: transgender, come hai detto tu, è un “termine ombrello” che identifica chiunque si identifica nel sesso opposto a quello biologico, mentre transessuali sono coloro che decidono di intervenire in maniera concreta per rettificare questo stato, attraverso percorsi psicologici, endocrinologici, terapie ormonali, interventi chirurgici ecc. Diciamo che è il passo successivo all’essere transgender: si può dire che tutti i transessuali sono transgender, ma non tutti i transgender sono transessuali.
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Enrie, quanti anni avevi quando hai capito che in realtà sei una donna e che avresti dovuto fare di tutto per diventare ciò che sei ora? È stato difficile farlo accettare ai tuoi genitori? Com’è stato affrontato questo percorso?
Col senno di poi, posso dirti che ho sempre rapportato il mio essere all’universo femminile: da piccola giocavo con le Barbie, ascoltavo le Spice Girls, volevo essere Sailor Venus. Ovviamente quando sei piccolo non riesci ad avere una percezione piena del sé, figuriamoci identificarti in un sesso piuttosto che in un altro! Non è che mi svegliavo la mattina e mi chiedevo: “Sono donna? Sono uomo? Sono gay?”. Ero semplicemente io, Enrie e basta. Ho sempre vissuto la mia sessualità in maniera spontanea e alla luce del sole, anche da ragazzo ero molto effeminato e indossavo cose da donna, ma arrivi a un punto in cui non ti basta più tutto quello, quello che vuoi veramente è non solo sentirti donna, ma ESSERE donna, e sono due cose ben diverse. Non volevo essere una “travestita” (un termine che odio) o essere donna solo all’apparenza, quando uscivo con gli amici la sera o andavo a ballare, volevo esserlo sempre, anche appena sveglia la mattina o prima di andare a dormire, dopo essermi tolta i vestiti, gli orecchini, i tacchi, il mascara.
Farlo capire e accettare ai miei genitori è stata la parte più difficile, e probabilmente il motivo per cui non ho avuto il coraggio di intraprendere prima questo percorso, come credo per molte di noi. All’inizio ci sono state scene di panico, pianti, litigi, incomprensioni, ma poi man mano con la maturità, l’educazione, e soprattutto la ferma volontà nel decidere di affrontare questo percorso, i miei genitori hanno iniziato a vedere in me una donna sicura di sé, che sapeva quello che voleva e aveva preso in mano la sua vita e deciso di cambiarla. Alla fine spesso i genitori non vogliono che affrontiamo questo cambiamento semplicemente per paura, e per questo che invece di fare scenate e sbattere i piedi a terra è bene sedersi con calma, parlare, confrontarsi, magari fare ricerche insieme a loro, coinvolgerli, cercare di fargli assimilare e capire cos’è questa cosa che a loro è estranea e completamente nuova. Io non sono cambiata come figlia, sono rimasta sempre quella che ero per loro, e loro mi sono stati molto vicini in questo percorso. Sono fortunata, lo so, ma credo che ogni genitore voglia solo la felicità dei propri figli, e credo che i miei genitori, quando mi guardano ora, vedono una persona più serena, più forte, più felice.
Purtroppo in Italia il termine transgender è accostato a qualcosa di strano, forse è visto in maniera ancora più strana del termine gay. Di te so che hai un lavoro normale e che vivi una vita normale come tutti… è stata una conquista o è avvenuto naturalmente? Inoltre, perché il fatto di essere transgender da alcune persone viene ancora erroneamente accostato alla prostituzione?
È avvenuto naturalmente; non vedo perché il mio essere transessuale dovrebbe affettare in alcun modo la mia vita diversamente da quella degli altri. Non è che solo perché sono trans devo sentirmi in diritto di dovermi prostituire o non condurre una vita “normale”.
Mi duole dirlo, ma se le trans sono accostate al mondo della prostituzione perché, diciamoci la verità, molte trans fanno quello: in parte perché è un percorso mooolto costoso, ma anche perché magari sono state cacciate di case o ancora perché magari semplicemente gli piace fare quello e approfittano del fatto che agli uomini le trans intrigano, e pure molto. È inutile nasconderci dietro un dito, le cose stanno così e non ho paura di dirlo ad alta voce. Ma per fortuna ci sono tantissime trans che conosco che sono professioniste, che hanno studiato, che hanno un’educazione, una cultura e una famiglia alle spalle, che sono avvocati, medici, broker, scrittrici, commesse, che fanno lavori onesti e vivono la loro vita da donne integrate nella società. Il problema vero è che in TV di queste persone non si parla. Si parla di Efe Abal, delle trans brasiliane che battono sui marciapiedi di Milano, di Eva Robin’s, di sesso, di eccessi e di prostituzione, perché è quello a vendere. Per un periodo si è parlato delle trans modelle come Lea T., Carmen Carrera, Valentina Sempaio ecc, ma poi sono finite nel dimenticatoio. Era solo un argomento “di moda”. Il problema secondo me è che i media danno la priorità alle cose sbagliate e marciano sul popolino invece di cercare di educarlo.
Come vive l’amore una transgender? Riescono a trascendere da ciò che era, da ciò che sei o spesso diventa un problema?
Il problema non è di certo il nostro, ma di chi ci sta accanto, che magari non ha il coraggio di accettare la cosa, o di dirlo ai genitori, agli amici ecc. Un mio ex mi disse che innamorarsi di una trans era molto più “grave” che scopare con una trans. Inutile dire che è finita.  Il problema è che tutti vanno con le trans, molti se ne innamorarono pure, ma poi portare la cosa alla luce del sole è un altro paio di maniche. Ci vogliono tenere tutti come segreti, come una cosa nascosta, ed è per quello che col tempo sono diventata molto intransigente nei confronti degli uomini. Si pensa che se vai con una trans non sei un vero uomo, e invece è buffo perché esattamente il contrario: solo un vero uomo può avere le palle di stare con una trans e di ammetterlo, e io voglio un vero uomo. Degli omuncoli non so che farmene.
C’è una persona di mia conoscenza che fa il carabiniere e che, se potesse, utilizzerebbe la violenza nei confronti di persone transgender, omosessuali e persone dalla pelle scura . Facciamo finta che questa persona possa leggere questa conversazione, cosa vorresti dirgli?
Gli direi che trovo triste e deplorevole che una persona che dovrebbe essere a servizio dello Stato e soprattutto delle persone la pensi così, e che la violenza è il mezzo dei codardi e degli stupidi che non sanno far valere le proprie idee con la testa e con la voce. Gli direi che è un grandissimo ignorante perché non sa discernere una persona indipendentemente dalle sue caratteristiche, che non sa stare al mondo visto che nel 2018 ha ancora gravi problemi nel rapportarsi alla società moderna, e che per me meriterebbe il licenziamento immediato. E gli direi anche che probabilmente è anche un grandissimo represso.
Cosa pensi del gaypride? Pensi che sia il modo giusto per combattere omofobia e pregiudizi? Ti chiedo questo perché io ho sempre pensato che è il modo sbagliato per far capire agli altri di non essere “diversi”. Io a volte penso che, invece, è un ostentazione sbagliata del proprio essere e che va a sottolineare il fatto di non sentirsi accettati nella società e che va a sottolineare la “diversità” in termini di pregiudizio che invece dovrebbe scomparire.
Comincio col dire che non credo nelle manifestazioni in generale, quindi forse sono di parte. Il gay pride non mi è mai piaciuto molto, ma preferirei non addentrarmi nell’argomento semplicemente perché partirebbe una di quelle polemiche infinite senza capo né coda che non portano a nulla. Più che un’affermazione dei diritti gay, la vedo come una celebrazione (e forse come hai detto tu, ostentazione) del mondo gay. In cui forse non c’è niente di male, ma non vedo cosa se ne potrebbe ricavare in termini politici o sociali, se quello è il suo intento.
Da un mio punto di vista, penso che le persone che vogliono farsi accettare dalla società dovrebbero mostrarsi per quello per sono: e sei un commercialista omosessuale che non va abitualmente in giro con un costume di piume rosa, non vedo perché dovresti farlo al gay pride, e non vedo come la gente possa prenderti sul serio. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni e ho tanti amici che credono davvero in quello che fanno e lo fanno in semplici jeans e T-shirt bianche e li ammiro tantissimo, ma credo che molti prendano il gay pride solo come uno “sfogo”, come i gay che aspettano il Carnevale per vestirsi da donna. Se vuoi vestirti da donna, fallo ogni santo giorno. Se vuoi indossare un costume di piume rosa, fallo quando esci con i tuoi amici. Se indossi abitualmente giacca e cravatta, manifesta in giacca e cravatta. La vera libertà è questa.
Secondo te, perché noi esseri umani siamo così chiusi mentalmente? Cosa fa sì che abbiamo il potenziale per essere evoluti, ma guardiamo e giudichiamo una persona omosessuale, una persona invalida o chi indossa vestiti eccentrici? perché ciò che esula dal concetto di normalità (ammesso che esista) viene giudicato?
Io credo che gli esseri umani non siano chiusi mentalmente, basta pensare ai déja-vu, alle psicosi, le schizofrenie, le perversioni, i sogni, le intuizioni, le idee geniali, che secondo me sono tutte porte che lasciano intravedere la vastità della mente umana. Credo che molto dipenda dal milieu in cui siamo cresciuti, dall’educazione che abbiamo avuto e dalle esperienze che abbiamo fatto, ai concetti con cui siamo cresciuti che ci lasciano giudicare una cosa da un determinato punto di vista piuttosto che un altro. Credo che le più grandi virtù che un essere umano possa avere siano la curiosità – che ti spinge ad imparare cose nuove, a informarti, a metterti in discussione, a farti e fare domande, a voler capire e andare oltre – e l’umiltà, quella di poter accettare che non c’è sempre e solo un solo punto di vista e che se una cosa è vera e giusta per te, non è detto che lo sia anche per me. Quando noi pensiamo che è giorno, per l’altra parte del mondo è notte. Entrambe le cose sono vere, e una cosa non esclude l’altra. Dovremmo solo imparare a considerare le cose da un’altra prospettiva.
Grazie Enrie per avermi concesso di poterti fare queste domande in amicizia. E spero che tu possa essere un esempio positivo per tutti.
Grazie a te per avermi ospitata in questo tuo spazio, mi auguro anche io di aver potuto offrire un punto di vista diverso e spero che chi legge possa trarne qualcosa di positivo. Per chi vuole, può seguirmi sulla mia pagina Facebook The Ladyboy by Enrie Scielzo  e su Instagram @enriescielzo. E, ovviamente, potete leggere il mio “Diario di una trans” sul mio blog, www.enriescielzo.com.

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