venerdì 21 luglio 2017

Maschio & Femmina: i 2 sessi che convivono in ognuno di noi

Oltre le mode del gender fluido, la biologia sta rivelando le sorprendenti metamorfosi del Dna: l’identità è un enorme puzzle di possibilità multiple

 università di torino

Pensiamo al sesso come un linguaggio binario in stile pc, zero e uno. Maschio e femmina. Tendiamo a farlo anche quando ci troviamo faccia a faccia: in base al vestito o come ci si comporta si deve essere maschio o femmina. Eppure c’è molto di più, oltre le apparenze e le mode dei «gender fluid». A rivelarlo è la biologia: non è vero che siamo tutti «zero» o «uno», ma apparteniamo a uno spettro di possibilità. In ognuno di noi i sessi convivono, in gradazioni variabili.



Al Royal Melbourne Hospital, in Australia, il genetista Paul James ha analizzato i cromosomi di una donna di 46 anni: voleva capire se il futuro figlio potesse soffrire di qualche anomalia del Dna. Il feto stava benissimo, ma i risultati della madre si sono rivelati inattesi: le cellule del suo organismo contenevano il materiale genetico di due persone diverse, un individuo femmina e uno maschio, «probabilmente il risultato di una fusione tra due embrioni gemelli», spiega James. Così, la donna ha scoperto che metà del suo corpo era geneticamente un uomo. «Una scoperta - ha commentato lo specialista - che ha del fantascientifico, per chi era venuto in ospedale per un’amniocentesi”».



LA Y CHE C’È O NON C’È 

Il sesso, in effetti, può essere molto più complicato di quanto appare. La presenza o l’assenza di una Y conta. E non poco. Con il cromosoma Y sei maschio, senza sei femmina. Tuttavia - come si sa da tempo - l’anatomia sessuale, a volte, è in disaccordo con la genetica. «Il problema è che il sesso può essere definito in diversi modi: genetica, ormoni, attributi sessuali - spiega Arthur Arnold, della University of California di Los Angeles -. Ed è sorprendente quanto può essere forte l’effetto dei cromosomi sessuali sul comportamento di singole cellule». Con alcuni colleghi ha dimostrato che nel topo la quantità di cromosoma X è in grado di modificarne il metabolismo, un dato in linea con una serie di esperimenti in vitro in cui si è visto che cellule XX e XY rispondono in modo differente alle sollecitazioni dello stress.



Ora le tecniche più avanzate di sequenziamento del Dna e di biologia cellulare stanno rivelando che, in realtà, ognuno di noi è - a vari livelli - un mosaico (o un puzzle) di cellule geneticamente distinte, alcune con un corredo genetico sessuale che può essere diverso da tutte le altre. Non a caso, fino a cinque settimane di vita, ognuno di noi ha le potenzialità per diventare sia maschio sia femmina. È la sesta settimana quella decisiva: in quel momento sviluppiamo solo uno dei due apparati sessuali. Poi, fuori dall’utero, scattano altri meccanismi. Vincent Harley, genetista dell’Institute for Medical Research di Melbourne, ha scoperto che, almeno nel topo da laboratorio, è necessario mantenere un certo equilibrio per tutta la vita: «Il gene Foxl2 è essenziale affinché le ovaie producano cellule uovo, mentre il gene Dmrt1 lo è per la produzione di spermatozoi nei testicoli».



A complicare ulteriormente questo mondo fluido del sesso, al dipartimento di Genetica Molecolare del Weizmann Institute of Science, in Israele, Shmuel Pietrokovski e Moran Gershoni hanno pubblicato uno studio in cui evidenziano 6500 geni espressi in modo diverso tra uomini e donne. Questi geni controllano non solo lo sviluppo di muscoli e peli, ma la suscettibilità a specifiche malattie e la risposta ai farmaci. «Il genoma - hanno commentato - è praticamente lo stesso in ognuno di noi, eppure viene utilizzato in modi diversi in varie parti del corpo».



L’idea binaria di due sessi si sta quindi rivelando superficiale e non solo per la nostra specie, ma per tutte, dove le eccezioni a quella che si pensava fosse la norma sono ancora più evidenti. Fino a un fenomeno raro nell’uomo e tuttavia comune in molti organismi meno evoluti: è l’ermafroditismo, in cui lo stesso individuo presenta organi sessuali di entrambi i sessi. Il pesce pagliaccio - reso famoso dal cartone «Alla ricerca di Nemo» - è, da questo punto di vista, una specie tra le più interessanti: quando in una famiglia la femmina muore, il maschio cambia sesso e ne prende il posto, mentre una delle femmine giovani diventa, a sua volta, il nuovo maschio. Il pesciolino Serranus Tortugarum è ancora più esuberante: è in grado di cambiare sesso anche 20 volte al giorno, producendo entrambi i gameti in modo alternato, ma restando fedele al partner, che, ovviamente, si deve adeguare a questi rapidissimi cambiamenti.



ESSERI ERMAFRODITI 

Ma sono ermafroditi anche i lombrichi, alcune chiocciole, crostacei e spugne di mare. Così torna, prepotente, la domanda più spontanea: perché gli esseri viventi più complessi si sono evoluti con due sessi (e basta)? La riproduzione asessuata - tipica di batteri, piante e animali inferiori - è in grado di produrre un enorme numero di individui e non c’è nemmeno il tormento di dover corteggiare il partner. Ma, se è andata diversamente per altri esseri viventi, compresi noi umani, significa che con il sesso ci sono benefici maggiori (e non solo quello del piacere). Più variabilità genetica significa una specie più adattabile e, quindi, più resiliente agli habitat.



Resta l’ultimo interrogativo: perché due sessi e non di più? In natura non si conoscono casi evidenti di animali con più di due sessi. Aumentare il numero di genitori non farebbe poi così tanta differenza nell’incrementare la flessibilità genetica di un individuo. In compenso creerebbe complicazioni a catena, forse ingestibili. Le ha immaginate Issac Asimov nel romanzo «Neanche gli dei», con alieni con tre sessi e diversi ruoli sia nella riproduzione sia nell’allevamento della prole. Fino allo scenario angosciante materializzato da Clifford Simak nel racconto «Miraggio», dove il tormento è ulteriore: sei rappresentanti della razza più evoluta di Marziani aspettano in una grotta il settimo partner. Senza di lui non ci sarà nessun bebè e, quindi, nessun futuro.