domenica 22 gennaio 2017

LETTERA DI UN PADRE AD UNA FIGLIA TRANSESSUALE

dal blog http://www.enriescielzo.com

“Cari figli,

se la gente dovesse venire in possesso di questo mio scritto potrebbe pensare che i miei primi settant’anni mi hanno danneggiato molto più di quanto si possa immaginare. Si potrà chiedere: “Ma come, abitano nella stessa casa ed hanno bisogno di scriversi?”

Vi scrivo perché non sono bravo ad utilizzare i blog, ma volevo che questo mio pensiero potesse diventare pubblico, per dirvi quanto Vi amo.
A proposito, ho detto cari figli, e non è stato certo un errore: con questa mia lettera colgo i classici due piccioni con una fava. 
I miei figli siete voi: tu, Enrico, che ho visto nascere nel vero senso della parola visto che ero anch’io in sala parto, e tu, Enrica, che ancora non sei sbocciata e che cercherò di conoscere ed amare come ho fatto, o forse mi sono illuso di fare, con Enrico.

È una lettera di amore, ma anche di scuse. Pensavo infatti che fare il padre significasse accompagnarti a scuola, alle feste dei tuoi compagni, essere presente a scuola quando i genitori si ritrovavano con i professori quelle due o tre volte l’anno. Scusami, ma non avevo la più pallida idea, evidentemente, di cosa significhi essere padre. Tu non mi hai mai avuto vicino quando veramente ne avevi bisogno, quando combattevi con il tuo sesso e non avevi nessuno a cui rivolgerti. Forse ti confrontavi con le tue sorelle o con qualche amico, non lo so. Scusami per come reagii quando tu per la prima volta parlasti - eravamo in macchina - di quel tuo amico sardo che dicesti di amare. Scusami se quando quest’amico venne a Salerno tu dovesti dormire all’ostello con lui perché io non ero pronto ad accoglierlo. Io non ero preparato a tutto ciò. Io ancora non sono pronto a sottostare a tutto quello che il buon Dio mi sta riservando.

I pranzetti, le battute e quant’altro di giornaliero ti offro, è un modo per addolcire il dolore che mi porto dentro, ma a volte ho paura non sia abbastanza per tutto ciò che ci attende. Quando siete nati ero l’uomo più felice della terra perché eri l’unico maschio della mia famiglia: ti ho anche messo il nome di mio padre perché speravo che tu potessi un giorno somigliargli. 
Sei stato brillantissimo negli studi, ti sei laureato con il massimo dei voti, sei una persona colta, generosa, così come lo è stato tuo nonno Enrico.

Oggi è il giorno del mio settantesimo compleanno, ed io ho voluto farmi un dono. Mi sono voluto regalare questi pochi attimi per starti vicino forse come non lo sono stato mai.

Sul tuo blog scrivesti che quando per strada alcune persone ti deridevano usando termini omofobi, tu alzavi la testa per non piangere, per non dare soddisfazione a chi pensava di umiliarti. Ecco, questo è il mio dolore, non essere stato presente in quei momenti e far vedere quanto fossi fiero di avere un figlio come te.

Questa mia lettera mi costa dolore, perché minuto dopo minuto sto perdendo mio figlio Enrico, ma allo stesso tempo qualche cosa mi consola, perché spero che quel buon Dio, che tu hai detto di aver trovato dopo il viaggio fatto a Santiago de Compostela, mi dia il tempo di conoscere mia figlia Enrica che ora sta nascendo in te.

Spero di poterti essere più vicino, più amico, più complice, più partecipe di quanto non lo sia stato fino ad oggi, ma di una cosa dovrai essere sicura: non dovrai mai dubitare dell’amore che ti porto.
Ti ho scritto queste righe per dirti quanto ti amo e quanto sei importante per me e quanto io sia  fiero di te, perché non è facile per te portare avanti questa scelta camminando a testa alta per strada “come se avessi il mondo in gran dispetto”, per rifarmi ad un nostro poeta.

Io non sono riuscito a scrivere queste righe sul tuo blog, ma se vuoi puoi scriverle tu per far sapere al mondo quanto ti amo e quanto sei importante per me.

                                                                                                                              Con immenso amore,
vostro padre. “
Salerno, 14/ 01/ 2017

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